venerdì 28 ottobre 2011

REGOLARIZZAZIONE, DIVIETO E UN SERPENTE CHE SI MORDE LA CODA

Le proposte di intervento riguardo ai rave parties di dividono in linea di massima in due correnti:
quelle che mirano ad estirpare completamente questo male delle giovani generazioni e quelle che sperano fiduciosamente nella possibilità di regolamentare lo svolgimento dei raduni messi sotto inchiesta.
Nel 2001 in Francia è stato approvato un decreto legge con il quale è resa possibile l'organizzazione dei rave party, previa utorizzazione dei prefetti locali e seguendo le direttive da essi indicati in merito alla pubblica sicurezza e al rispetto della legalità.
Seguendo l'esempio dei cugini d'oltralpe, il vicesindaco di Milano Riccardo De Corato ha proposto una legge per controllari i raduni clandesti, di cui per altro la Lombardia è stata spesso teatro.
«Nella proposta di legge - spiega De Corato - si prevede all'articolo 2 che i rave party siano autorizzati dal Questore del luogo, almeno un mese prima dello svolgimento del raduno. E il Questore, per ragioni di ordine pubblico, può impedire che il raduno abbia luogo. Si propone inoltre che anche gli organizzatori prevedano la costituzione di un servizio d'ordine, la presenza di una postazione medica dotata di appositi dispositivi sanitari, il servizio antincendio, la fornitura di acqua potabile» (tratto da http://notizie.virgilio.it/cronaca/rave_party.html).
Proposta assolutamente condivisibile e apprezzabile; resta però da chiedersi se il reale intento sia quello di favorire lo svolgimento dei rave party in piena sicurezza per i partecipanti e nel rispetto della legalità, oppure quello di scoraggiarne l'organizzazione attraverso l'intircato labirinto della burocrazia., come sembra trasparire dalla proposta che viene dal PDL.
Leggiamo su http://lombardia.indymedia.org/:
"Pugno duro contro i rave party Con la proposta di legge presentata dal Pdl il 3 maggio scorso, si prevede di introdurre nel Testo Unico delle leggi di pubblica sicurezza un nuovo articolo: il 18-bis. Obiettivo: vietare le manifestazioni musicali in luoghi pubblici e all’aperto, cioè i rave party, che non abbiano una preventiva autorizzazione da parte dell’autorità competente a livello locale per la garanzia dell’ordine pubblico. La stessa norma stabilisce che per questo tipo di "feste" sia obbligatoria una preventiva autorizzazione del Questore che dovrà essere richiesta dal responsabile dell’organizzazione. Quest’ultimo sarà tenuto a fornire informazioni sull’evento (dove si svolgerà, quanti saranno all’incirca i partecipanti e quanto durerà) le misure e i mezzi che si intendono adottare perché l’evento si svolga in sicurezza. E il questore avrà la facoltà di individuare, di comune accordo con il promotore, i mezzi più opportuni per garantire l’ordine pubblico. Qualora quelli previsti dagli organizzatori si riveleranno insufficienti, sempre il Questore potrà proporre lo svolgimento della manifestazione in altro luogo o potrà vietarla direttamente" (tratto da http://lombardia.indymedia.org/node/38608).
Indipendentemente dalle più o meno benevole intenzioni che si celano dietro le varie proposte di legge, resta sempre un problema di fondo: i rave partyies sono nati come manifestazioni clendestine, espressione di una cultura underground, che per definizione si riferisce ad un insieme di pratiche ed identità con il comune intento di porti in alternativa o in antitesi alla cultura ufficiale.
La domanda sorge spontanea: come conciliare tale realtà con la volontà di regolamentare i rave parties??



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